domenica 30 settembre 2012

Se Ulisse passasse nuovamente di qui, si fermerebbe ancora?


Settimana incantevole per una vacanza al mare.
Ho scelto il litorale Laziale.
 Il tratto tra Sperlonga e Gaeta.
Un po’ perché mi riporta all’adolescenza, un po’ perché, indubbiamente, è un territorio unico e particolarmente beneficiato da bellezze naturali.
La vegetazione e la limpidezza dell’acqua, da sempre, hanno contribuito a classificare questi luoghi fra i più belli della costa tirrenica.
Lingue di sabbia chiarissima, rocce a picco sul mare, sono l’incantevole immagine di questi quindici chilometri di costa.
Pini secolari, olivastri, ginepri, leccini, oleandri, ginestre, vivono lungo tutto il tratto, arrampicati e saldamente ancorati alle rocce, interpretando le forme più strane, segno del tempo e dell’adattamento alle intemperie.
Un gioiello così prezioso va custodito con la massima cura e con amore.
Va preservato da ogni e qualsiasi pericolo; sorvegliato e valorizzato per il piacere di tutti e per il bene comune.
Ognuno di noi, a diverso titolo, dovrebbe essere orgoglioso del riconoscimento che il territorio ha ottenuto.
La “Bandiera Blu”.
Dovrebbe essere orgoglioso il residente del luogo, perché premiato del rispetto che ha osservato nel conservare e mantenere sano e incontaminato il territorio; dovrebbero essere orgogliosi gli amministratori locali, che hanno rispettato rigidamente le norme per la difesa e la tutela dell’ambiente, che hanno curato con attenzione il bene comune secondo il mandato conferitogli dai concittadini; dovrebbero essere orgogliosi gli imprenditori locali, che hanno con sapienza e rispetto per le leggi, attuato tutte le cautele per mantenere inalterato l’equilibrio eco-ambientale del proprio territorio, pensando non solo ai profitti immediati ma soprattutto al futuro e al bene comune; dovrebbero essere orgogliosi gli ospiti villeggianti, che con il proprio contributo e il senso civico, facilitano il mantenimento dei luoghi, preservandoli da inutile inquinamento e abusi; dovrebbero essere orgogliose tutte le Istituzioni e le Organizzazioni Provinciali, Regionali e Nazionali, che, come un “buon padre di famiglia”, nel leggere la profittevole pagella del proprio figlio, si gratificano per l’obiettivo da questi raggiunto.

Eppure, non è così!
Sono diverse settimane che il tratto di mare che va da Sperlonga a Gaeta, è interessato da un fenomeno di degrado ambientale.
Grandi chiazze di materia galleggiante di colore nocciola/marrone, mista a schiuma, compare a fior d’acqua lungo la costa, sino a riva, nell’incredulità dei bagnanti che da sempre premiano questo territorio con la loro presenza.
Il fenomeno si è intensificato in questi ultimi giorni di luglio e nei primi giorni di agosto.
Ero sulla spiaggia che va dal Porto di Sperlonga alla Grotta di Tiberio, la scorsa settimana; sulla spiaggia che va dal lido “Il Fortino” al “Costa d’Oro”, questa settimana, e sono testimone del triste e oltraggioso atto di violenza ambientale che l’uomo perpetua a danno della natura. Qualcuno, senza scrupoli, incurante del bene del territorio e di tutte le persone che lo vivono, ha scaricato a mare rifiuti inquinanti.
Ci domandiamo con stupore e rabbia: chi? Perché? Da dove?
Le risposte che ho potuto ascoltare sono molteplici, e tutte senza alcuna certezza.
Una signora che è nata a Sperlonga e vive e lavora qui da oltre sessant’anni mi dice: “siamo beneficiari di un tesoro, ma non abbiamo saputo amministrarlo, preservarlo, valorizzarlo. Tendiamo a massificare tutto, a danno della qualità, del rispetto. Si cerca di ottenere nell’immediato il massimo profitto non curandosi del futuro”.
Lo si constata in ogni nostra azione, in ogni settore.
Consumiamo e utilizziamo le cose come se fossero eterne, indistruttibili, inalterabili nelle loro forme e nelle loro peculiarità.
Non ci preoccupiamo troppo del domani.
Alcuni attribuiscono il fenomeno al riscaldamento dell’acqua, altri alla mancata pulizia dei canali circondariali, altri, ancora, alla mancanza di idonei depuratori, e ancora, abusivismo degli anni passati, cattiva gestione delle infrastrutture circostanti (vedi i lavori del porto di Gaeta), addirittura, c’è chi sostiene che sia stato permesso dalle Autorità locali, di scaricare direttamente a mare ad alcuni alberghi insistenti sulla costa e che in prossimità del camping “da Benedetto”, alla fine della spiaggia di Sant’Agostino, al mattino, intorno alle 4:00, si da libero flusso a mare ai liquami provenienti dalla fogna (uno, due giorni la settimana), in considerazione dell’aumento della densità abitativa in questo periodo di vacanze.
Sarà vero?
Chi dovrebbe controllare tutto questo?
LARPA, l’ASL, la Guardia Costiera, i Vigili del Comune, L’Ufficio Tecnico del Comune, I cittadini del territorio, le Associazioni Ambientaliste, i Comitati di Controllo, Gli Uffici preposti della Provincia o della Regione.
Non lo so!
Certamente non chi paga 30 euro per due lettini e un ombrellone, un euro per una doccia, tre euro per l’accesso alla spiaggia, 5 euro per il parcheggio, 14 euro per un risotto di mare su piatto di plastica, ……….. (s.r.f.)
Mi dicono che la stagione è molto difficile, l’affluenza si è ridotta molto e, forse, fare finta di niente, sminuendo il fenomeno, è l’atteggiamento migliore, per quelle Istituzioni che dovrebbero vigilare e garantire la tutela ambientale del territorio e il rispetto incondizionato delle regole civili di convivenza.
Ripeto. Non è così!
Manca un mese, o forse due, alla chiusura della stagione balneare.
Non è possibile intervenire severamente senza ulteriormente danneggiare l’economia locale e, quindi, tiriamo a campare, senza scoprire il “vaso di Pandora”.
Se proprio sarà necessario, ci si penserà il prossimo anno.
E così, questi mascalzoni, la faranno franca ancora una volta!

            Oggi è un giorno diverso. Sono sceso da ”Papardò”.
Un lido dove la mano dell’imprenditore si è distinta per rispetto del territorio e garbo nell’impianto delle strutture.
Tutto è ben integrato nella roccia e fra la rigogliosa vegetazione.
Lui, l’Ingegnere, dice che la guida alla sua mano e alle sue idee viene dall’amore per il luogo.
Mi dice che si sente fortunato a vivere qui. Che non ha nessuna curiosità di vedere i Caraibi o le Maldive. Lui qui ha tutto quello che ha sempre desiderato.
Suo padre comprò questi terreni nel 1954, e lui ha trasferito il suo amore su ogni cosa ora qui presente.
Si scende a mare seguendo i tornanti costruiti sulla roccia, sapientemente ricoperti di pietra del posto, per non alterare il sistema circostante. La spiaggia è ampia. La sabbia chiara e finissima. Il mare regala toni tra il verde chiaro e l’azzurro. L’acqua è cristallina, a tratti influenzata da correnti fredde provenienti dalla sorgente del vicino promontorio di Monte a Mare.
E’ meraviglioso osservare dal mare il costone che a picco si estende per tutta l’insenatura.

Oggi, forse, non era giorno di apertura della fogna, oppure, nessuna nave di passaggio ha pulito le sentine, o le correnti girano diversamente.
Il mare è calmo, l’acqua è tornata alla limpidezza naturale del posto, e tutti ci dimentichiamo del disastro dei giorni passati.

Quale sia la ricetta giusta?
Sinceramente non la conosco!
Credo, però, che dobbiamo chiedere a chi amministra il territorio, la competenza nel gestire le risorse naturali, e a coloro che vivono ad ogni titolo in questi luoghi, il rigido rispetto delle regole.
Un principio ispirato all’Homologia Socratica.
Egli usava dire nei suoi Dialoghi: “se il cattivo discorso trionfa, è una disfatta per tutti, ma se trionfa il buon discorso, tutti sono vincitori”.

Sperlonga 2 agosto 2012

Bartolomeo Roberto Lepori
OdG Lazio n. 137270

Dovremmo imparare a trattare il vino con molto più rispetto


Come sempre, il problema è capire da quale parte della cima iniziare a riavvolgere il  filo
I miei nonni mangiavano carne o pesce due tre volte al mese. Credo abbiano bevuto Coca Cola due o tre volte nella loro vita, ma giornalmente, tra pranzo e cena, bevevano 1,5/2 litri del vino di produzione propria. Non sono mai entrati in un fast food e non hanno mai avuto necessità dei consigli del dietologo. La loro alimentazione era dettata dalle possibilità economiche del tempo, e dalla qualità e genuinità dei prodotti che entrambi coltivavano e allevavano. Mia nonna non ha avuto problemi di cellulite durante tutta la sua vita (93 anni), e mio nonno non si è mai guardato allo specchio esclamando “ da domani, basta con pane e pasta! Ci sono almeno 10 chili di troppo”; cosa che, invece, accade a me di dire molto spesso!
I miei genitori hanno conosciuto il benessere dagli anni ’60, sino alla conclusione della loro vita.
Mangiavano carne o pesce tre quattro volte la settimana (se non di più!), bevevano acqua minerale severamente gassata, facevano poca attività fisica, ma anche loro non facevano mai mancare un buon bicchiere di vino a tavola durante i pasti.
Io non racconto della mia alimentazione, ma inorridisco se penso a quella dei miei figli e dei loro amici!!!
Questo, per dire che non si può cambiare il corso del tempo, dei costumi e degli usi con le tasse!
Non si può pensare di educare un popolo a migliorare la propria esistenza e quella delle future generazioni, attivando solo la leva fiscale.
Quello che in realtà manca, a mio avviso, è l’esempio, è il senso civico, è il bene proprio in relazione al bene comune, è il senso della misura, che sono una buona base per far crescere l’idea di un buon governo del Paese.
La fonte del provvedimento, per essere certa che i cittadini comprendano il senso civico e etico della misura imposta, deve essere assolutamente certa di possedere la "credibilità" per attuare un prelievo di questa portata.
Ho sempre a mente le lacrime della Ministro Fornero, colta da profonda crisi etico/morale, nel momento in cui pronunciava la "condanna alla povertà" di centinaia di migliaia di pensionati e di lavoratori.
Mi torna alla mente l'esempio di Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi, quando racconta di Pisistrato, che egli definisce tiranno umano e benefico, che impose una tassa del dieci per cento su ogni bene prodotto. Durante una visita nelle campagne intorno ad Atene, incontrò il contadino dell'Imetto. Il tiranno vide che questi scavava e lavorava una terra tutta di pietre. Chiese a un suo schiavo di domandare al contadino che cosa producesse quel terreno; e il contadino rispose: "soltanto disgrazie e dolori, e su queste disgrazie e dolori, bisogna dare la decima a Pisistrato!"
Vorrei però tornare a esprimere un parere sul vino.
E’ ora che qualcuno parli del vino non solo come piacere edonista o come mezzo per lo sballo quotidiano, o come fonte di incidenti stradali.
Questo lasciamolo fare agli ubriaconi, oppure a quei politici qualunquisti che affrontano con superficialità la materia; a quelle persone che non sanno apprezzare le qualità che questo nettare esprime, estremizzandone solo il consumo, a volte, praticato con un mix di altre sostanze allucinogene.
Il vino è cultura, arte, tradizione, fascino, lavoro.
Il vino deve essere considerato, al pari del turismo, una fra le più importanti fonti di entrata del bilancio dello Stato.
Un Barolo, al pari della Mole Antonelliana; un chianti, al pari del Davide di Donatello; Un frascati come il Colosseo, un lambrusco come il Barbiere di Siviglia, un Nero d’Avola, al pari del Gattopardo. E potrei proseguire all’infinito.
Un messaggio al Ministro: è giusto iniziare a pensare a regole che conducano tutti i cittadini verso una sana educazione alimentare, anche al fine di evitare disagi alla comunità in termini di assistenza e di sanità, ma è doveroso affrontare la materia del vino con rispetto, competenza e con sensibilità. Non approcci al tema con la stessa superficialità dei suoi predecessori, cerchi di capire il vino e tutto ciò che questo esprime come patrimonio della nostra Nazione, in termini di cultura, lavoro, impegno, immagine e tradizione.
Chissà, potrebbe avvalersi di esperti della materia, di tecnici del settore. Chi meglio di lui potrebbe seguire questa strada. In fin dei conti, anche lui è stato chiamato per competenza e non per appartenenza partitica!
Roma 5 settembre 2012

Lepori Bartolomeo Roberto
OdG Lazio n. 137270

Quelli che come me……… amano il vino.


Per quelli che come me amano il mondo del vino, queste settimane di fine settembre sono piene di eccitazione. Tutti i sensi si scatenano, come se fossimo investiti da una “tempesta ormonale”.
Al lavoro di un intero anno, svolto per la cura della vite, seguirà, ora, il lavoro di anni in cantina, per la cura del vino.
L’uvaggio, l’ammostatura, la diraspatura, la fermentazione.
In questi momenti, la cantina emette profumi inebrianti.
Durante i rimontaggi del mosto, l’odore vinoso si propaga per un raggio di centinaia e centinaia di metri, lasciando percepire ai passanti un “canto armonioso” di gioia e di festa.
I primi sentori si affacciano.
Lo zucchero si trasforma in alcol, dopo “il ribollir dei tini”, il liquido inizia ad assumere consistenza, sapore, colore e odore.
Ma, tutto ciò, ……. non è ancora vino.
Siamo ancora all’inizio della creazione.
Follatura, svinatura, torchiatura.
Il liquido non ha più zucchero, perché i lieviti hanno svolto il proprio lavoro; ma bisogna attendere la fermentazione malolattica, se non la si vuole evitare, con il controllo delle temperature.
L’amore del vinaiolo, la sapienza dell’enologo, le attrezzature tecniche, la qualità dei prodotti usati, sono le componenti ideali per raggiungere un risultato d’eccellenza.
Dopo alcuni travasi, disposti nei giorni di luna buona, in primavera il vino è pronto da bere.
Vini importanti, invece, sono lasciati a maturare in botti di legno (piccole o grandi), per assumere quei sentori terziari che caratterizzano i vini di struttura, prima di essere imbottigliati e, poi, saggiamente degustati.
Possono anche passare decenni, prima che il vino raggiunga la giusta maturazione per essere gustato.
Possono passare cento anni, e quel vino sarà ancora lì, ad attendere di regalare ai fortunati degustatori un’incantevole emozione.
Io faccio parte di quel ristretto numero di “odiati” signori che si peccano di essere Sommelier professionisti. Diplomato presso l’A.I.S. di Roma, ritenuta da tutti la Stanford University dei Sommelier.
Sì, quei signori, a volte ritenuti spocchiosi, un po’ eccentrici, saputelli, che declamano il vino come fosse un’opera di Michelangelo.
Coloro che trasformano le componenti chimiche presenti nel vino, in poesia.
Che parlano di sentore di banana, invece di dire che nel vino è presente la molecola di acetato di isoamile; che, portando al naso il bicchiere dopo averlo leggermente roteato, percepiscono il profumo del biancospino, evitando di dire che è presente la molecola dell’aldeide anisica; che in bocca, dopo aver pressato il vino fra la lingua e il palato, dicono che rimane un finale di mandorla amara, pensando a quanto, invece, sarebbe stato brutto se avessero detto che il finale, al gusto, era segnato dalla molecola dell’aldeide benzoica.
Siamo i poeti di Bacco, ma anche i Templari di un “ordine raffinato” e rigido, che interpreta la filosofia e la serietà del vino.
Coloro che il vino lo pagano il giusto prezzo, ma che pretendono che siano rispettati i disciplinari di produzione, che sia ben conservato, che sia ben servito, alla giusta temperatura, accolto nei bicchieri giusti, introdotto da un sommelier professionista e, non ultima, che ci sia una carta dei vini decorosa nei ristoranti.
E’ una battaglia dura, fatta contro i produttori disonesti; contro i mercanti del vino; contro i ristoratori avidi, e contro i consumatori ignoranti.
Rispettiamo il lavoro di chi mantiene alta la qualità dei prodotti, di chi sperimenta e investe nel settore, di chi divulga la cultura e la tradizione del vino, di chi promuove nel mondo le nostre migliori cantine, di chi combatte l’uso quantitativo del vino, educando i consumatori alla qualità e al rispetto di se stessi, di chi, come noi, apprezza e ama tutti coloro che rendono unico e meraviglioso il mondo del vino.
Questa mattina, alla buon ora,  una mia amica produttrice di Nobile di Montepulciano, ha lanciato su facebook il messaggio che stava partendo la raccolta delle sue uve.
Tutti noi abbiamo accolto la notizia come se ci avesse annunciato che si erano “rotte le acque”, e che si stava apprestando a entrare in sala parto!
Noi che amiamo il vino, riceviamo queste sublimi emozioni, e le trasmettiamo, moltiplicandole a nostra volta, a tutti coloro che al vino attribuiscono il sapore della vita.
Si tratta forse di un’”Elite” ?
Non lo so, non mi interessa catalogare gli uomini.
Certo è, che sarei molto più felice, se le persone non improvvisassero, e parlassero e scrivessero di vino, avendone conoscenza.

Roma 29 settembre 2012

Bartolomeo Roberto Lepori
OdG Lazio n. 137270