sabato 5 gennaio 2013

Pane e Pizza: acqua, farina, fuoco e profumo di fragranza



     Un italiano, ovunque nel mondo, lo riconoscerete subito, perché non riesce a sedersi a tavola senza la presenza del pane.
Il pane accompagna ogni tipo di alimento della cucina italiana.
Ho visto persone mangiare il pane con gli spaghetti e, perfino, condividere il pane con uno spicchio di mela.
Quanti tipi di pane si producono in Italia?
E’ impossibile contarli.
Qualcuno asserisce che, ogni Comune (8.092), ne possiede uno con una diversa variante tipica.
Sicuramente, ogni Regione italiana (20), ha le proprie ricette e le proprie deliziose tipicità.
Pane casareccio, pane rustico, pane integrale.
Pane con il latte, pane ai multi cereali, pane con le patate.
Pane comune, e pane speciale, …… e tanti altri ancora.

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Già 6.000 anni fa, gli Egiziani avevano scelto il frumento per la produzione del pane, che era prodotto senza lievitazione; così detto “pane azzimo”.
Una leggenda racconta che, circa 3.000 anni fa, una serva Egizia, per errore, fece cadere un po’ di birra nell’impasto del pane.
L’involontaria lievitazione rese il pane più morbido e gustoso.
Da quel momento, inconsciamente, i lieviti entrarono a far parte della ricetta per l’impasto del pane.
I Greci furono degli ottimi fornai panificatori.
Aggiunsero all’impasto di acqua e farina, il miele, il latte e olio di oliva.
Inoltre, usavano aromatizzare il pane con pepe e altre spezie.
I Romani ritenevano il pane essenziale per la propria alimentazione.
Questi, però, utilizzavano la farina di farro, di miglio e di orzo, per la panificazione.
Dai greci acquisirono l’uso del frumento e il rito della fermentazione dell’impasto.
I migliori panificatori di Roma furono schiavi Greci.
I lieviti che usavano erano costituiti da un miscuglio di vino e di miglio.

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Il fascino del pane e della sua storia, ha contagiato anche me.
Così, durante le festività natalizie, mi sono cimentato nella cucina dei prodotti base della nostra alimentazione.
Il pane e la pizza.
Gli ingredienti per l’impasto, sono elementari:
Farina
Acqua
Lievito madre
Sale

Ogni qualvolta io penso al pane fatto in casa, il mio ricordo va a mia nonna Maria, che lavorava l’impasto “a occhio”, senza mai misurare gli ingredienti.
Sentiva la pasta fra le dita, e sapeva perfettamente se doveva aggiungere all’impasto ancora acqua oppure farina, a seconda che la massa fosse troppo secca, oppure tropo liquida.
Una volta, da ragazzo, durante le mie vacanze estive, che, per un mese, trascorrevo in campagna a casa dei miei nonni, ho pesato tutti gli ingredienti della segreta ricetta di mia Nonna, e ho trascritto le dosi del suo fragrante prodotto sulla mia agenda, che ancora oggi conservo con gelosia.
Per produrre un eccellente risultato, agli ingredienti base, misurati nelle giuste dosi, bisogna aggiungere il calore, l’amore, e tanta forza nelle braccia, per rendere morbido e spugnoso l’impasto.
Mia Nonna Maria conservava sempre una piccola parte dell’impasto, circa ½ kilogrammo;
lievito madre, che serviva a generare la crescita dell’impasto successivo.

Per realizzare il mio pane e la mia pizza, ho seguito meticolosamente tutte le fasi della ricetta di mia Nonna Maria, che oggi avrebbe 108 anni.

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Quattro lievitazioni in diciotto ore.
Inizio il lavoro alle ore 15:00 del pomeriggio e finisco alle 10:30 del mattino successivo.
Ogni volta che decido di fare il pane, tutto il mio corpo diventa elettrico.
Trasmetto eccitazione a tutti quelli che mi stanno vicino.
Ho sempre paura di dimenticare qualcosa, di saltare qualche passaggio, o di dimenticare di aggiungere l’ingrediente segreto di Nonna Maria.
Prendo il lievito madre, la farina di grano tipo 00 del mulino Cifù di Pontecorvo, aggiungo la giusta quantità di sale e la giusta quantità di acqua.
Durante le diciotto ore, lavoro l’impasto a più intervalli, per favorire la ripresa della lievitazione, e mantengo calda la temperatura dell’ambiente per non interrompere le fasi di lievitazione.
Nel frattempo preparo il forno. Accendo il fuoco per riscaldare i mattoni refrattari, e per prepararli alla cottura del pane dell’indomani.
Con il calore del forno, la legna che brucia all’interno, le pareti che diventano bianche e incandescenti, la mia eccitazione cresce, e stento ad addormentarmi.
Alle ore 6:00 del mattino, dopo aver nuovamente acceso il forno, sulle braci lasciate la notte precedente, procedo per la terza fase della “segreta lavorazione”.
Aggiungo all’impasto cinque kilogrammi di farina, la giusta dose di acqua, il sale, e un cucchiaio di olio extravergine di oliva.
Oops!!!! Stavo dimenticando di aggiungere l’ingrediente segreto di Nonna Maria!!!
Lavoro la pasta per circa 15/20 minuti, e poi la lascio lievitare per la terza volta, per altre due ore, avendo cura di mantenere calda la temperatura dell’impasto.
Preparo tutti gli ingredienti per cuocere la pizza, e organizzo il forno, spostando su di un lato tutto il fuoco.
Trascorse due ore, lavoro nuovamente l’impasto.
Preparo le forme del pane e le forme per la pizza.
Lascio riposare le forme del pane nella “Madia”, così si chiama il contenitore di legno dove si impastano gli ingredienti, per dare l’avvio alla quarta lievitazione.
Ancora settantacinque minuti di attesa!
Il tempo giusto per procedere alla preparazione delle pizze.
Alla Marinara, Margherita, Patate e mozzarella, tonno e pomodoro, mozzarella e patate.
Che bontà!
Pulisco poi il forno. Tolgo le braci e la legna residua.
Faccio scendere la temperatura del forno intorno ai 220 gradi.
Inforno il pane, avendo cura di aprire lo sportello del forno dopo alcuni minuti, per non bruciare la parte superiore della pagnotta.
Ancora 45/50 minuti, e il pane è cotto.
Vedo le pagnotte di pane colorirsi e crescere durante la cottura.
Finalmente è pronto.
Che meraviglia!
Tolgo il pane dal forno e lo lascio asciugare per almeno tre ore nella “Madia”, avendo cura di girarlo di tanto in tanto.
Il profumo della fragranza del pane e della pizza, si propaga per centinaia di metri, tutt’intorno alla mia casa.
Non mi meraviglio se i vicini di casa suonano alla mia porta.
Uno di loro ha nelle mani due bottiglie di vino Rosso di Gragnano.
Vino dal colore rubino intenso, frizzante e spumoso.
Vino giovane dai profumi intensi di frutta rossa, che nel finale lascia un profumo di viola appassita.
Vino dal sapore sapido, morbido e amabile, dalla gradazione alcolica di 10 – 11%
E’ un vino DOC della “Penisola Sorrentina”, ai molti sconosciuto, fatto con uve locali di Palombina, Jaculillo, Aglianico, Olivella, del Gelse, Tintore, Castagnara e Mangiaguerra.
Vino decantato già nell’antichità da Plinio, da Galeno, da Columella e da Stradone.
Ottimo per accompagnare l’assaggio della mia pizza appena sfornata e del pane ancora caldo.

Buon appetito, e buona bevuta a tutti voi!

Roma, 4 gennaio 2013


dott. Bartolomeo Roberto Lepori

Ordine dei Giornalisti - Roma
tessera n. 137270
Sommelier  Professionista A.I.S.
Associazione Italiana Sommelier
tessera n. 112666
http://robertolepori.blogspot.it

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